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I convitti nazionali

Il convitto nazionale è stata un'istituzione che permise dall'unità d'Italia in poi, per circa un secolo, la frequenza dei licei agli alunni dei piccoli centri periferici, permettendone così anche l'accesso all'università. Mai formalmente aboliti, hanno visto la loro funzione modificarsi in seguito al cambiamento della situazione sociale, a una più agevole mobilità con i mezzi pubblici e privati e al progressivo decentramento scolastico. Con l'unità d'Italia nel 1861 si tentò di sottrarre alla Chiesa il quasi monopolio e si moltiplicarono le istituzioni di Convitti nazionali laici, in molti casi anche materialmente collocati in edifici prima appartenuti ad enti ecclesiastici e demanializzati dopo le leggi per eversione. I convitti nazionali rappresentarono l'aspetto più interessante in materia di istruzione e, sia pure in misura insufficiente, permisero una certa mobilità sociale La riforma Gentile della scuola del 1923 dava grande risalto ai convitti nazionali che hanno avuto il periodo di massimo splendore proprio nell'epoca fascista. Nei momenti del loro massimo fiorire, i convitti costituirono una rete molto articolata e suddivisa nelle diverse province. Per i convitti passò praticamente tutta la classe dirigente italiana nei diversi aspetti: culturali artistici, politici. l Testo unico in materia di istruzione del 1994 (decreto legislativo 297) all'art. 52 prevede “la graduale soppressione dei convitti nazionali che accolgono meno di 30 convittori o semiconvittori” I convitti oggi sono solo quarantuno, distribuiti in tutte le Regioni italiane.

Convitto nazionale Mario Cutelliorologio cutelli

Dopo il catastrofico terremoto del 1693, nella Catania risorta si annovera il convitto "Mario Cutelli", collegio voluto dal famoso giureconsulto Mario Cutelli, conte di Villa Rosata e signore dell'Alminusa. La sua realizzazione può collocarsi attorno al 1760 e costituisce, dal punto di vista architettonico, un gioiello dell'arte settecentesca. Nel suo testamento redatto il 28 agosto 1654 innanzi al notaio Giovanni Antonio Chiarella di Palermo, stabilisce che, qualora la linea maschile dei suoi successori si fosse estinta (la quale così si credette ai quei tempi), una parte del suo patrimonio dovrà servire per la fondazione di un “Collegio di uomini nobili” come quello di Salamanca, da cui uscirà quella classe dirigente nobile e virtuosa, ma soprattutto laica, destinata al governo amministrativo-politico del paese. Nel 1747, con la morte dell'ultimo Cutelli, Giovanni, la dinastia si pensava estinta. Il ramo femminile pose molte difficoltà alla cessione dei beni di famiglia, ma alla fine risolse il problema il vescovo Pietro Galletti, che diede in enfiteusi il feudo di Aliminusa al principe di Biscari, e reperì così le risorse da destinare alla costruzione dell'attuale Convitto Cutelli, mentre in seguito Salvatore Ventimiglia e Corrado Maria Deodato Moncada diedero avvio alla costruzione del Collegio Cutelli, insieme agli altri fedecommissari: Michele Paternò Castello, Mario Gravino, Antonio Paternò, Ignazio Abatello, Adamo Benedetto Asmundo (della famiglia degli Asmundo), Giuseppe Celestrio Securo, Antonio Sigone. Il prospetto neoclassico sulla via Vittorio Emanuele è opera del Battaglia e continua sul lato di via Monsignor Ventimiglia e su quello di via Teatro Massimo. La parte attribuita al Vaccarini, che sappiamo alunno del Vanvitelli, è quella del circolare cortile monumentale che, per la purezza e l'armonia delle forme, si ammira entrando nell'edificio. cortile cutelliLa bella corte circolare è caratterizzata da un pavimento centrale in bianco e nero. All'interno, sotto il quadrante del grande orologio da torre, situato tra le statue del Tempo e della Fama, vi è un'iscrizione: "Ut praeesset diei et nocti anno MDCCLXXIX" ([Questo orologio fu costruito] affinché presiedesse al giorno e alla notte). Le statue del tempo e della fama simboleggiano la rivalità tra le due forze. Degno di menzione è lo scalone di marmo che porta al piano superiore dove si apre l'Aula Magna.

scala marmo cutelli In essa sono affrescate le figure delle glorie siciliane appartenenti al mondo scientifico e giuridico (Caronda, Empedocle, Teocrito, Stesicoro, Recupero, Ingrassia, Giuseppe Gioeni) e dove, nel 1837, furono condannati gli insorti contro i Borboni, come ricorda la lapide affissa alla facciata esterna inaugurata il 4 novembre 1926. Il "Convitto Cutelli" è sede nel XXI secolo di una scuola elementare, una scuola secondaria di primo grado e di un Liceo Classico Europeo.

Fonti: Wikipedia

 

colleggio cutelli

convitto nazionale cutelli

convitto cutelli

 

 

ingresso sale cutelli

ingresso sale cutelli

cutelli mario

scale cutelli

 

cutelli

Pubblicato in Territorio Siciliano
La “Pietra del malconsiglio”

è legata al ricordo di un periodo drammatico della storia siciliana, quando dopo la morte di Ferdinando il Cattolico, avvenuta il 23 gennaio 1516, il viceré Ugo Moncada assunse un atteggiamento di ribellione nei confronti del potere centrale.Pietra del Malconsiglio 2 Egli non solo si rifiutò di lasciare il prestigioso incarico, espressione di un rapporto fiduciario con il defunto sovrano ma, appoggiato da una parte dei nobili siciliani, scatenò una terribile rivolta.
Il fuoco della protesta divampò a Palermo per poi estendersi nel resto dell’isola. Per più di tre anni, faide e congiure insanguinarono le strade e avvelenarono gli animi. La rivolta trovò a Catania nuova paglia per il suo fuoco.
La nobiltà etnea, infatti, si schierò dalla parte del viceré ribelle. I rivoltosi individuarono come rifugio segreto per i loro incontri un giardino nell'antico “Piano dei Trascini”. Vi giaceva in stato di abbandono un capitello dorico in pietra lavica, scelto come tavola intorno alla quale i congiurati erano soliti sedersi in occasione degli incontri. C’era anche un antico architrave che divenne parte del temporaneo “arredamento” del luogo segreto. Anche questo certamente proveniva da un grande tempio dell’antica Katana.
Alla fine Moncada e i suoi sostenitori finirono per soccombere.Ingresso Castello Ursino - Pietra del Malconsiglio Il viceré, Ettore Pignatelli, inviato dal potere centrale, usando le maniere forti ebbe la meglio sui rivoltosi. La repressione fu durissima. Numerosi congiurati finirono sul patibolo per essere appesi alla forca. I più fortunati, si fa per dire, riuscirono a salvare la vita ma furono costretti a lasciare l’isola per raggiungere i lontani luoghi dove sarebbero vissuti in esilio.
I palazzi dei congiurati furono demoliti perché non restasse alcun loro ricordo. A Catania, il Senato ordinò lo smantellamento anche del luogo ove avvenivano gli incontri segreti.
Furono, dunque, rimossi il capitello e l’architrave.
Il primo, chiamato “Pietra del malconsiglio”, fu innalzato nel piano della Fiera, antico nome di piazza Università, mentre il secondo fu sistemato all'ingresso del palazzo della Loggia per essere utilizzato come piano d’appoggio ai carnefici che dovevano fustigare i debitori.
Gli antichi monumenti, tuttavia, finirono per cadere nell'oblio. Bisognerà aspettare l’anno 1872, quando la “pietra del malconsiglio” sarà ricollocata in un angolo del cortile del Palazzo Carcaci e l’architrave finirà in un cortiletto, nella parte posteriore del teatro Massimo Bellini.

 La pietra rimase fino al 2009, anno in cui venne nuovamente trasferita all'ingresso del Museo Civico al Castello Ursino decorata da piccole composizioni floreali. Lasciata in balia degli elementi e di anonimi incivili che ne hanno divelto il giardinetto decorativo, la pietra è rimasta "anonima" fino al 28 maggio 2013, quando una scuola di Librino, grazie a fondi POR, ha fatto omaggio alla città e alla pietra di una targa commemorativa con una breve storia del reperto. Dall'autunno successivo il manufatto è conservato nell'androne occidentale del Palazzo degli Elefanti

Wikipedia

Pubblicato in STORIA

Nacque il 22 agosto 1750 da Giuseppe, mercante di legna, e da Apollonia Arcidiacono. Terzo di sette figli, era stato destinato al sacerdozio e, a tale scopo, entrò nel seminario arcivescovile, che era a quel tempo la più importante scuola della città.


Pubblicato in STORIA
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Il Pozzo di Gammazita è un sito che si trova nel centro storico di Catania,


Pubblicato in STORIA

La pasta alla Norma è un piatto a base di pasta (solitamente maccheroni) condita con pomodoro, e con l'aggiunta successiva di melanzane fritte, ricotta salata e basilico.


Pubblicato in PRIMI E SECONDI

La timpa di Acireale è stata dichiarata Riserva nel 1999 ed affidata all'Azienda Regionale Foreste Demaniali, La Timpa è un promontorio di circa 80 m di altezza a ridosso della costa di Acireale.


Pubblicato in Paesi Etnei

Le zeppole di San Giuseppe,

 

sono dei tipici dolci fritti catanesi, a base di riso, che vengono generalmente preparati nel periodo di San Giuseppe (19 marzo). Nel resto della Sicilia sono note anche come zeppole di riso.


Pubblicato in DOLCI

Festa di Sant'Agata

ogni anno dal 3 al 5 febbraio Catania dedica a Sant’Agata, patrona della città, una grande festa. Un fercolo d'argento “a vara”, con un busto contenente le reliquie della Santa, viene instancabilmente seguito in processione da centinaia di cittadini “devoti”, vestiti con il tradizionale “sacco” ( tunica bianca stretta da un cordone, cuffia nera, fazzoletto e guanti bianchi ), aggrappati a due cordoni di oltre 100 metri. La vara è seguita da undici "cerei" o "cannalori", alte colonne di legno che rappresentano le corporazioni delle arti e dei mestieri della città.  Su tutto il grido unanime della devozione Cittadini, cittadini, semu tutti devoti tutti?


 
Storia  di Sant'Agata e della festa 

Agata nacque da una famiglia di nobili catanesi di religione cristiana, intorno al 230 d.C. A quel tempo Catania era sotto la dominazione romana che perseguitava barbaramente chiunque professasse il cristianesimo, motivo per il quale la famiglia di Agata,  come tutta la comunità cristiana, viveva la fede nel silenzio.Agata decise sin da giovane di consacrarsi a Dio. Negli anni tra il 250 e il 251 d.C,  divenne proconsole della città Quirino, giunto alla sede di Catania con l'intento di far rispettare l'editto dell'imperatore.Conosciuta la giovinetta, Quirino pare se ne invaghì e, venuto a conoscenza della consacrazione, le ordinò di rinnegare la sua fede e di adorare gli dei pagani. Al rifiuto di Agata, Quirino decise di affidarla alla cortigiana Afrodisia, allo scopo di corromperne lo spirito e la fede con le lusinghe materiali. Ma ai tentativi della perversa cortigiana, Agata oppose sempre un’incrollabile fede in Dio, tanto che la stessa Afrodisia rinunciò all’incarico riconsegnando la giovane nelle mani del proconsole. Quirino avviò un processo e convocò Agata al palazzo pretorio. La tradizione conserva ancora i dialoghi fra la giovane e il proconsole da cui si evince la capacità della giovane di tenere testa a chi la stava giudicando con argomentazioni erudite. Dal processo al carcere il passo fu breve. Dopo diversi giorni di digiuno, di fronte alla fermezza della giovane, iniziarono le torture fisiche, dalla fustigazione all’atroce strappo delle mammelle che si racconta le ricrebbero prodigiosamente durante la notte grazie all’intervento di San Pietro.

martirio di santagata
Sebastiano del Piombo -Wikipedia

La fede incrollabile della ragazza la condannò all’ultima delle torture, un letto di tizzoni ardenti, e durante la quale si racconta di un altro prodigioso evento: mentre il corpo di Agata veniva martoriato dal fuoco, il velo rosso, simbolo della sua consacrazione a Dio, non bruciava. Dopo il supplizio, Agata morì in carcere il 5 febbraio 251. Il suo corpo venne imbalsamato e avvolto in un velo rosso che, si racconta, fermò più volte la lava che minacciava la città, come avvenne ad un anno esatto dalla sua morte. In seguito a questi prodigi miracolosi, Agata fu proclamata santa. Inizialmente seppellita nelle catacombe cristiane della collina di San Domenico, dopo l'Editto di Costantino del 313, il corpo della Santa fu portato nella Chiesa di Santa Maria di Betlemme. Tra il IV e il V secolo il corpo venne trasferito nella Chiesa di Sant'Agata La Vetere. Le reliquie furono in seguito trafugate e portate a Costantinopoli nel 1040.

festa di sant'agata Nel 1126 due soldati dell’esercito bizantino le rapirono e le consegnarono al vescovo di Catania Maurizio nel castello di Aci. Il 17 agosto 1126, le reliquie rientrarono definitivamente nella Cattedrale di Sant'Agata, Duomo di Catania dove vengono oggi conservate in parte all'interno del prezioso mezzobusto in argento (parte del cranio, del torace e alcuni organi interni) e in parte dentro lo scrigno, anch'esso d'argento (braccia e mani, femori, gambe e piedi, la mammella e il velo). Numerosi i doni preziosi che nei secoli hanno arricchito il mezzobusto della Santa e che hanno formato nel tempo un tesoro dal valore inestimabile, donato tra gli altri da personaggi famosi come la Regina Margherita di Savoia, il viceré Ferdinando Acugna e Vincenzo Bellini. Fra gli altri il più famoso è la corona che spicca sul capo del busto reliquiario: un gioiello  in oro tempestato e pietre preziose, donato da Riccardo Cuor di Leone durante una crociata in Sicilia. La prima occasione ufficiale per festeggiare Sant’Agata si presentò quando ritornarono a Catania le spoglie della Santa che erano state trafugate. Era il 17 agosto 1126 e durante la notte i cittadini si riversarono nelle strade della città per ringraziare Dio di aver fatto tornare, dopo 86 anni, le spoglie della amata martire Agata. Una data questa che ancora oggi viene ricordata con una processione più piccola dello scrigno e del busto reliquiario per le vie del centro. Inizialmente di natura esclusivamente liturgica, fu solo con la costruzione della “vara” nel 1376 che i festeggiamenti cominciarono ad assumere una forma più vicina a quella odierna con l’inizio delle processioni per le vie della città di Catania.

La festa

Prima veniva portato in processione solo il velo della Santa. Gradualmente alla festa puramente religiosa si affiancò una festa più popolare, voluta dal Senato e dal popolo, in cui alle liturgie si affiancarono spettacoli di natura diversa. E’ questa l’origine di una festa civica che tutt’oggi caratterizza i festeggiamenti di Sant’Agata e che, fino quasi alla fine del ‘600, si svolgeva in una sola giornata, quella del 4 febbraio. Dal 1712, vista l’importanza crescente dell’evento, le giornate dei festeggiamenti divennero due, probabilmente perché la città si era espansa talmente tanto che non bastò più un solo giorno per il giro dei diversi quartieri. La festa ai giorni nostri dura dal 3 al 5 febbraio, concludendosi sempre più spesso nella tarda mattinata del 6.

 fonte:http://www.festadisantagata.it/

Sant'Agata e la Santa Patrona di Catania -

il programma della festa di Sant'Agata 2019

Pubblicato in Folklore

I cittadini liberi greci (il demos) reclamavano maggiore autonomia e, con l'arricchimento che portarono loro i commerci e gli altri beni mobili, decisero di avventurarsi a colonizzare nuove terre. Inoltre, la Grecia era un paese povero di risorse come fiumi, campi coltivabili, dato il territorio scosceso e tutto ciò contribuì alla scarsità di materie prime, che portò alle migrazioni.


Pubblicato in STORIA

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