Miti e leggende di Sicilia

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La leggenda della Sicilia

Narra una leggenda, che ad una bellissima principessa Libanese, il cui nome era appunto Sicilia; era stato predetto da un oracolo, che al compimento del suo quindicesimo anno di vita, avrebbe dovuto lasciare, da sola e in una barca, la sua terra natia, e che se non l’avesse fatto sarebbe finita nella fauci di “Greco-levante” - il termine mostro “Greco-levante” altro non è che l’impero bizantino, la cui dominazione lasciò dei cattivi ricordi in Sicilia - che le sarebbe apparso sotto le mostruose forme di un gatto mammone e l’avrebbe divorata. Per scongiurare alla bella principessa questo tremendo destino, al compimento del quindicesimo anno di età i suoi genitori, piangenti e disperati dal dolore, la misero in una barchetta e la affidarono alle onde. Passò tre mesi in balia delle onde e quando ormai la povera Sicilia credeva che il suo destino volgesse al termine, dal momento che non aveva più viveri e acqua, spinta da venti favorevoli approda in una spiaggia meravigliosa, piena di fiori e di frutti, ma completamente deserta e solitaria. La giovane principessa era disperata e pianse tanto fin quando non ebbe più una lacrima da versare, ecco improvvisamente spuntare accanto a lei un giovane bellissimo, che le diede conforto e amore. Il giovane ragazzo le spiego che gli abitanti dell’isola erano morti tutti di peste, e che il destino avesse scelto proprio loro per ripopolare questa terra con una razza più forte e gentile, per cui l’isola si sarebbe chiamata col nome Sicilia. I riferimenti culturali della leggenda, secondo Salamone Marino e Giuseppe Pitrè, riflettono l’antica favola di Egesta che abbandonata dal padre Ippotòo su una barchetta fu affidata alle onde, perché non diventasse preda dell’orribile mostro marino inviato da Nettuno. Spinta da venti favorevoli, essa approda in Sicilia dove sposò il dio fluviale Crìniso, dal quale ebbe due figli l’eroe Alcésti e Eolo file pdf www.fratelli-della-costa.it

Cariddi

Cariddi nella mitologia greca era un mostro marino. In principio, Cariddi era una donna, figlia di Poseidone e Gea, dedita alle rapine e famosa per la sua voracità. Un giorno rubò ad Eracle i buoi di Gerione e ne mangiò alcuni. Allora Zeus la fulminò facendola cadere in mare, dove la mutò in un mostro che formava un vortice marino, capace di inghiottire le navi di passaggio. La leggenda la situa presso uno dei due lati dello stretto di Messina, di fronte all'antro del mostro Scilla. Le navi che imboccavano lo stretto erano costrette a passare vicino ad uno dei due mostri. In quel tratto di mare i vortici sono causati dall'incontro delle correnti marine, ma non sono di entità rilevanti. Secondo il mito, gli Argonauti riuscirono a scampare al pericolo, rappresentato dai due mostri, perché guidati da Teti madre di Achille, una delle Nereidi.

La leggenda di Colapesce

Cola è di Messina ed è figlio di un pescatore di Punta Faro. Cola ha la grande passione per il mare. Amante anche dei pesci, ributta in mare tutti quelli che il padre pesca in modo da permettere loro di vivere. Maledetto dalla madre esasperata dal suo comportamento, Cola si trasforma in pesce. Il ragazzo, che cambia il suo nome in Colapesce, vive sempre di più in mare e le rare volte che ritorna in terra racconta le meraviglie che vede. Diventa un bravo informatore per i marinai che gli chiedono notizie per evitare le burrasche ed anche un buon corriere visto che riesce a nuotare molto bene. Fu nominato palombaro dal capitano di Messina. La sua fama aumenta di giorno in giorno ed anche il Re di Sicilia Federico II lo vuole conoscere e sperimentarne le capacità. Al loro incontro, il Re getta una coppa d’oro in mare e chiede al ragazzo di riportargliela. Al ritorno Colapesce gli racconta il paesaggio marino che ha visto ed il Re gli regala la coppa. Il Re decide di buttare in mare la sua corona ed il ragazzo impiega due giorni e due notti per trovarla. Al suo ritorno egli racconta al Re d’aver visto che la Sicilia poggia su tre colonne, una solidissima, la seconda danneggiata e la terza scricchiolante a causa di un fuoco magico che non si spegneva. La curiosità del Re aumenta ancora e decide di buttare in acqua un anello per poi chiedere al ragazzo di riportarglielo. Colapesce è titubante, ma decide ugualmente di buttarsi in acqua dicendo alle persone che se avessero visto risalire a galla delle lenticchie e l’anello, lui non sarebbe più risalito. Dopo diversi giorni le lenticchie e l’anello che bruciava risalirono a galla ma non il ragazzo, ed il Re capì che il fuoco magico esisteva davvero e che Colapesce era rimasto in fondo al mare per sostenere la colonna corrosa. www.fratelli-della-costa.it file pdf

Castagno dei Cento Cavalli

Si narra che una regina, con al seguito cento cavalieri e dame fu sorpresa da un temporale, durante una battuta di caccia, nelle vicinanze dell'albero e proprio sotto i rami trovò riparo con tutto il numeroso seguito. Il temporale continuò fino a sera, così la regina passò sotto le fronde del castagno la notte in compagnia, si dice, di uno o più amanti fra i cavalieri al suo seguito. Non si sa bene quale possa essere la regina, secondo alcuni si tratterebbe di Giovanna d'Aragona, secondo altri Giovanna I d'Angiò ed è così che la leggenda verrà collegata all'insurrezione del Vespro (XIV-XV secolo). Ma è tutto, molto probabilmente, frutto della semplice fantasia popolare. Ad esempio la regina Giovanna d'Angiò, pur essendo nota per una certa dissolutezza nelle relazioni amorose, è quasi certo che non fu mai in Sicilia.

Ciane e Anapo

Persefone, figlia di Zeus e di Demetra, dea della vegetazione e dell'agricoltura, era intenta a cogliere fiori insieme ad alcune ninfe presso le rive del lago Pergusa (vicino ad Enna). Improvvisamente, dal suo regno sotterraneo sbucò fuori Ade, innamorato della fanciulla, che per non perdere tempo in corteggiamenti e soprattutto per evitare di chiedere la mano di Persefone al fratello Zeus, decise di rapirla. Fu la ninfa Ciane a reagire al rapimento aggrappandosi al cocchio di Ade nel tentativo disperato di trattenerlo. Il dio incollerito, la percosse col suo scettro trasformandola in una doppia sorgente dalle acque color turchino (cyanos in Greco vuol dire appunto turchino). Il giovane Anapo, innamorato della ninfa Ciane vistosi liquefare la fidanzata, si fece mutare anch'egli nel fiume che ancor oggi, al termine del suo percorso unisce le sue acque a quelle del fiume Ciane, prima di sfociare insieme nel Porto Grande di Siracusa. Una seconda versione del mito riporta che Cianippo aveva fatto dei sacrifici a tutti gli dei eccetto che a Bacco, e questo dio per punirlo lo fece ubriacare in maniera tale che violentò la figlia Ciane. Ma la figlia durante il rapporto riuscì a prendergli un anello e lo consegnò alla nutrice per fargli comprendere, il giorno dopo, su chi aveva abusato. Il destino volle che dopo poco scoppiò un'epidemia di peste e consultato l'oracolo questi affermò che l'unico modo per placarlo era il sacrificio dell'uomo più cattivo della città. Ciane quindi afferrò per i capelli il padre e lo uccise con un pugnale, per poi suicidarsi essa stessa. Questo sacrificio si compì nel luogo della fonte Ciane. Così Proserpina commossa raccolse le lacrime della giovane Ciane e creò la fonte.Secondo fonti antiche presso la fonte Ciane era in uso eseguire dei sacrifici umani.

Aretusa

il mito più famoso di Siracusa è quello della ninfa Aretusa. La ninfa al seguito di Artemide, correndo libera tra i boschi del Peloponneso, fu vista dal giovane Alfeo che si innamorò perdutamente di lei. Ma Aretusa non ricambiava il suo sentimento, anzi rifuggiva da lui, finché stanca delle sue insistenze chiese aiuto ad Artemide. La Dea la avvolse in una spessa nube sciogliendo la giovane in una fonte sul lido di Ortigia. Alfeo allora chiese aiuto agli Dei, che lo trasformarono in un fiume che nascendo dalla Grecia e percorrendo tutto il Mar Ionio si univa all'amata fonte. La Fonte Aretusa è ancor oggi una delle maggiori attrazioni turistiche dell'isola di Ortigia, a Siracusa. La leggenda di Alfeo trae origine dal fiume omonimo del Peloponneso, in Grecia, e da una fonte di acqua dolce (detta localmente Occhio della Zillica) che sgorga nel Porto Grande di Siracusa a poca distanza dalla Fonte Aretusa.

Polifemo

Riguardo Polifemo vi sono due miti, l'uno descritto da Omero, per cui Polifemo è un semi umano gigantesco con un solo grande occhio al centro della fronte, che alleva pecore e si nutre di formaggio e, occasionalmente, di uomini.

gli antichi abitanti

“Si narra che i più antichi abitanti dell'isola siano stati i Ciclopi e i Lestrigoni che abitarono solo una parte; non si sa quale fosse la loro razza, da dove fossero venuti e dove siano andati... Dopo di essi pare che per primi vi si siano stanziati i Sicani; anzi, a quanto essi stessi affermano, avrebbero preceduto addirittura i Ciclopi e i Lestrigoni, poiché si dicevano nati sul luogo;

Glauco e Scilla

Glauco è una figura della mitologia greca, figlio di Poseidone e di una Naiade.Secondo la leggenda, nacque umano, praticò l'attività di pescatore in Beozia, la sua immortalità e la sua natura di divinità marina derivarono da un'erba magica. Un giorno posò il pescato su di un prato in cui mai nessuno aveva messo piede. I pesci, mangiando l'erba, riprendevano vita e si rigettavano in acqua. Incuriosito assaggiò quell'erba e subito il suo corpo mutò sembianze, assumendo una forma di coda di pesce nella parte inferiore. Si ricordano i suoi amori, da quello per Scilla fino al tentativo di circuire Arianna..

La leggenda dell'origine Troiana degli Elimi

Gli Elimi erano un antico popolo della Sicilia occidentale. Le città principali città fondate dagli Elimi sono Erice (Erix) che ospitava il centro religioso sul Monte Erice, Entella, situata nell'entroterra palermitano, Iaitias su un promontorio che domina la odierna San Giuseppe Iato, e Segesta la città dalla storia più rilevante e tumultuosa

Il ratto di Proserpina

Proserpina, figlia di Demetra, dea della vegetazione e dell'agricoltura, viene rapita da Ade, dio degli inferi, che si era invaghito di lei, il quale emerge dall'oltretomba da una grotta situata nel Lago di Pergusa nei pressi di Enna, dove secondo il mito Proserpina era intenta a cogliere fiori. Un giorno il dio ghermisce la fanciulla sul suo carro, mentre le fanciulle che la accompagnavano cercano disperatamente di trattenerla. Proserpina lotta, ma ormai i cavalli stanno già varcando le soglie del regno dei morti

Il gigante Encelado

Encelado, il maggiore dei giganti, desiderava prendere il posto di Giove e cosi poter dominare. Per far questo doveva raggiungere la Dimora degli dei. Pensò quindi di costruire una scala mettendo una sopra l'altra le montagne del mondo e si rivolse ai suoi fratelli per farsi aiutare. Encelado, era molto temuto dai giganti e nessuno voleva contrastarlo. Infatti quando si arrabbiava sputava fuoco e scintille tanto da incendiare i suoi stessi capelli, che però prontamente gli ricrescevano. Insomma oltre che un aspetto orribile aveva anche un pessimo carattere.

Dedalo,Minosse e Cocalo

Dedalo è un personaggio della mitologia greca; grande architetto, scultore ed inventore, noto soprattutto per essere il costruttore del famoso labirinto del Minotauro.Dedalo era ateniese d'origine, noto come uno della tribù chiamata Eretteide; era, infatti, figlio di Mezione, figlio di Eupalamo, figlio di Eretteo.

Il viaggio di Ercole in Sicilia

Eracle, rocambolesco ed avventuroso personaggio mitologico, futuro Ercole dei romani, nasce dalla relazione adulterina tra Alcmena, moglie di Anfitrione, e Zeus. La donna, in verità, non vuole tradire il marito. Si è abbandonata tra le sue braccia, ignorando che Zeus ne aveva assunto l’aspetto per poterla amare. Anfitrione, scoperta quella che per lui è una tresca adulterina, pensa di punire Alcmena nel modo più crudele: facendola bruciare viva. Zeus, impietosito, lascia cadere sulla terra una pioggia così fitta e violenta da riuscire a spegnere il fuoco.
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