Il sistema delle torri di avvistamento costituiva un complesso correlato di fortezze, castelli, guardie, poste e torri aventi due finalità principali: una di osservazione e di allerta e una di difesa; la prima funzione veniva assolta attraverso un cordone ininterrotto di segnalazioni che seguiva dalle marine il costeggiare del naviglio nemico, mettendo in allarme le popolazioni e le milizie del territorio circostante; la seconda funzione si attivava in caso di tentativi di sbarco, attraverso l’uso dell’artiglieria e della moschetteria, il riparo dato alle popolazioni in fuga, l’invio di staffette per sollecitare l’arrivo delle truppe della milizia locale e della cavalleria leggera.
La Sicilia è sempre stata terra di sbarco ma nel XIV secolo il Popolo Siciliano ha avuto la necessità di un controllo delle coste più assiduo, quindi tra il 1313 ed 1345 Federico III re di Sicilia fa costruire un sistema di 40 torri costiere di avvistamento e difesa, per lo più di forma cilindrica.
Il 15 gennaio del 1296 il Parlamento Siciliano con decisione rivoluzionaria, in quanto tutti i sovrani in Europa lo erano per grazia di Dio, considerò decaduto dalla carica Giacomo II ed elesse il fratello Federico con il titolo di Federico III Re di Sicilia. Il 25 marzo dello stesso anno venne incoronato nella Cattedrale di Palermo con il Popolo Siciliano esultante.
Proprio questo evento scatenò “quasi una crociata”! Il Regno di Sicilia fu attaccato da una coalizione, (sotto la regìa e l’incitamento di papa Bonifacio VIII), formata dal regno angioino di Napoli, dai guelfi italiani, dal regno di Francia e regno d’Aragona. Quando poi fu firmata la pace di Caltabellotta i Siciliani hanno dovuto difendersi dai pirati e dai corsari tunisini.
Il sistema delle torri viene ancor più reso un progetto organico di difesa costiera dell’isola nel 1405, quando Martino I Re di Sicilia (1374 1409) fa restaurare le torri esistenti e costruire di nuove. Ma i problemi si intensificano ancor più per il continuo assalto piratesco e soprattutto corsaro sia del nord Africa maghrebino sia dai turchi insediatesi ad Algeri. Tra questi il famoso corsaro Barbarossa. Gli attacchi e gli sbarchi furono anche dai corsari dei vari stati europei e dai predoni di ogni fede. Quindi a partire dal 1547 la Deputazione del Regno di Sicilia incentivò gli investimenti sul sistema di difesa delle torri. Proviene da questo periodo il motto siciliano:“cu piglia un turcu è so’”. Vuole significare che l’azione di difesa contro lo sbarco turco, fatto per lo più da volontari del popolo, non era ben ordinato militarmente, quello che contava era dargli addosso.
Dal punto di vista funzionale le torri si distinguevano in due grandi categorie: le torri di difesa vere e proprie, che sorgevano vicino ai centri abitati ed erano provviste di guarnigione armata; le torri di guardia o di avvistamento (guardiole) più piccole, disposte sulle alture per sorvegliare molte miglia di mare. Amministrativamente, invece, si distinguono tre tipi di torri: le torri di Deputazione, direttamente gestite dal Regno di Sicilia e le torri poste sotto la gestione delle Universitas locali, dotate di spesse mura merlate e cannoniere, ma anche di cisterne per l’acqua piovana, utili in caso di assedio prolungato; infine le torri appadronate, cioè private, concepite come magazzini fortificati di difesa delle attività e della produzione agro-pastorale, oltre che delle maestranze. Le torri di Sicilia più antiche risalenti al 1300 – 1400 erano a pianta circolare e di aspetto cilindrico. Le torri camilliane invece presentano una pianta quadrata con rafforzamento a scarpa della base ed elevazione su tre piani.
I luoghi abitati della costa siciliana e i baroni-mercanti dei caricatoi avevano eretto torri e castelli, ma una formulazione strategica difensiva complessiva – comprendente organicamente l’intero territorio isolano, e idealmente tutti i territori costieri dell’impero – iniziò ad aversi con Gonzaga e soprattutto con Vega, che per primo si prefisse lo scopo di creare una rete di torri costiere che, integrate al sistema delle fortezze anch’esso in trasformazione, fossero in grado di comunicare l’un l’altra un eventuale pericolo proveniente dal mare attraverso segnali di fumo o di fuoco.
Dal 1549 al 1553 se ne costruirono trentasette, ma nei decenni successivi si privilegiò la spesa per la flotta, e si andò poco avanti in questo settore. Nel 1578 il senese Tiburzio Spannocchi presentò la sua relazione tecnica sul sistema delle torri, in seguito alla quale Marcantonio Colonna fece approvare un donativo parlamentare di 10.000 scudi triennali per il completamento del circuito di avvistamento costiero. Pochi anni dopo (1583-84) Camillo Camilliani stese un’altra dettagliata relazione in cui individuava come necessari 175 nuclei difensivi, 43 dei quali già esistenti, 33 ancora in costruzione o bisognosi di riparazioni, e 99 da edificare. Il progetto Camilliani rimase largamente incompiuto, trovandosi di fronte il formidabile ostacolo delle scarse risorse finanziarie dell’erario siciliano e spagnolo. Trent’anni dopo, in un nuovo progetto, il numero dei punti fortificati ritenuti necessari fu ridotto da 175 a 136, e la relazione del commissario generale delle torri, Lelio Scalalone, mostrò un progresso dai 76 nuclei funzionanti o in via di attivazione rilevati dal Camilliani, a 87 funzionanti nel 1616-7, più altri 25 segnalati dal Camilliani ma non considerati dallo Scalalone stesso in quanto integrati nei sistemi di difesa urbani al di fuori delle sue competenze. Le torri in costruzione erano 5, e di altre 44 rimanevano i progetti sulla carta.
In sostanza il commissario riteneva che il sistema complessivo fosse operante al 64% dell’optimum fissato nel 1618; un altro 4% era in fase di costruzione, e il 32% rimaneva allo stato progettuale. Alla parte del primario progetto (Camilliani) che era stata depotenziata, si cercò di porre qualche riparo con l’impiego di guardie di posta nei tratti di costa lasciati vuoti. La cifra complessiva di 120 torri esistenti, segnalata nel 1593 dal Crivella, può ritenersi quindi sostanzialmente corretta. Le guarnigioni erano limitate a due, tre o quattro elementi (un caporale, un artigliere se c’erano pezzi, e uno o due soldati). Si previde un contingente di 208 soldati ordinari in servizio per tutto l’anno, cui se ne aggiungevano tra aprile e novembre altri 665, ma spesso la realtà era inferiore alla norma: nel 1618, per esempio, si contarono in tutto 157 militari. Le ronde costiere (cavallari) mobilitavano 284 militari più altri 60 nel periodo primavera-estate. Vi erano poi, secondo l’importanza e lo stato di efficienza, un numero variabile di pezzi d’artiglieria di vario tipo (colombrina, sangro, falconetto) e di altre armi: in tutto 93 pezzi d’artiglieria (di cui 11 inservibili), 184 archibugi, 99 moschetti, 37 maschi e 147 alabarde. Scalalone richiese altri 31 pezzi, 38 archibugi e 53 alabarde.
Il corpo gestionale-amministrativo era così costituito: commissario generale delle fabbriche delle torri, capo mastro delle fabbriche, munizioniere, procuratore, razionale, percettore del donativo, con i loro sottoposti; a livello locale le varie funzioni erano esercitate dai soprintendenti, nominati dalla Deputazione spesso in considerazione del fatto di aver contribuito a spese di costruzione o di gestione. Alcune delle torri della Deputazioni erano a gestione mista: quella di Scalambri era divisa con componenti della famiglia Bellomo, quella di Vindicari con il m.se della Motta, quella del Capo Mulini o S. Anna con la città di Aci, quella di Furnari con il b.ne di Furnari, e quella di Marina di Patti con la città di Patti. La città di Palermo ne ‘possedeva’ dodici, altre erano gestite da Trapani, Marsala, Mazara, Sciacca, Siracusa, Patti, Cefalù, Termini. Tra i titolari, oltre ai citati, si trovavano la baronessa di S. Fratello, il vescovo di Catania, la Commenda di S. Giacomo, il barone di Siculiana, il conte di Modica, il barone di Ficarra, il conte di Naso, il conte di Raccuja, il barone di S. Nicola, il principe di Trabia, il principe di Castelbuono, il principe di Butera, il barone di Roccella, il barone di Armigi. L’addensamento delle torri, come delle progettazioni, si aveva attorno a Palermo e poi man mano a difesa del Val Mazara e del Val di Noto fino ad Avola, mentre minore attenzione era prestata alla linea Siracusa-Augusta-Catania sulla costa orientale, e Messina-Milazzo, fino a Cefalù, sulla costa settentrionale.
Foto di: Fabio Militello; Sandro Scalia su concessione del Centro regionale per l’Inventario e la Documentazione grafica, fotografica, aerofotogrammetria, audiovisiva, filmoteca regionale siciliana, della Regione Siciliana BB.CC. e I.S.; Fonti:Le armi dei Siciliani nella Sicilia spagnola (secoli XV-XVII)- Le torri di avvistamento Siculianesi di Alphonse DoriaLe torri accomunano il paesaggio costiero siciliano come è comune la sua storia e la sua natura. Il paesaggio è il punto di incontro tra i beni materiali e immateriali del posto. Nel paesaggio vi è l’identità del Popolo che lo abita. Violentare il paesaggio, cancellando le testimonianze storiche o deturpando la sua integralità naturale, significa eliminare la coscienza del suo Popolo. Mentre bisogna ancor più valorizzare anche come risorsa economica tramite il turismo.
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